sabato 28 marzo 2015

EXODUS. I TABÙ DELL’IMMIGRAZIONE


Su Espresso di questa settimana, prendo spunto da “Exodus. I tabù dell’immigrazione” scritto da Paul Collier (Laterza bit.ly/Exodus_Collier) per raccontare di come, quando parliamo di immigrazione, siamo approssimativi, spesso utilizziamo sensazioni, istinto, percezioni deformate. Alla notizia della tragedia dell'Airbus A320 della Germanwings in molti hanno pensato a un attentato, magari di matrice islamica. Era poco probabile data la nazionalità dei piloti, ma ogni nuova tragedia la si mette immediatamente in connessione con l'ultima eclatante avvenuta e soprattutto ormai ci siamo abituati a vivere con il terrore di essere invasi o di essere facili prede di orde straniere. 
E così accade che chi va a fare volontariato in Siria e viene rapito, se l'è cercata perché poteva restare in Italia.
E così il ragazzo marocchino che uccide il coetaneo italiano diventa la regola e non un terribile incidente che può accadere.
Eppure, se pensiamo che il 40% della popolazione dei paesi poveri, se potesse, lascerebbe la propria terra per raggiungere le nazioni ricche, capiamo quanto il fenomeno migratorio sia ancora assolutamente nella sua fase iniziale.

EXODUS. I TABÙ DELL’IMMIGRAZIONE
 
Vanessa Marzullo, una delle due ragazze rapite in Siria il 31 luglio 2014 e liberate il 15 gennaio 2015, rompe il silenzio dopo più di due mesi e parla di fango ricevuto e di vergogna. Ma la vergogna cui si riferisce è per un Paese che ormai utilizza qualunque cosa per alimentare uno sterile dibattito politico sempre più fine a se stesso, sempre meno incline a comprendere davvero cosa accade. Vanessa dice “sono solo beghe politiche” e le sue parole mi hanno ricordato il modo in cui la Lega Nord ha vilmente strumentalizzato la morte di David Raggi, il ventisettenne ucciso a Terni, la notte del 12 marzo scorso, da un coetaneo marocchino davanti a un locale che abitualmente frequentava.

Amine Aassoul è un immigrato espulso, rientrato a Lampedusa con false generalità, aveva già commesso rapine e furti. David Raggi era invece un ragazzo modello, informatore farmaceutico, volontario del 118, ricordato da tutti come persona generosa e gentile.

La dinamica dell’omicidio è presto ricostruita: Amine Aassoul viene cacciato dal locale perché ubriaco e molesto, brandisce una bottiglia rotta con cui aggredisce David Raggi al collo. Matteo Salvini ha immediatamente trasformato questo omicidio in una campagna anti immigrato, annunciando una class action nei confronti dell’attuale governo che non brilla certo per umanitarismo, ma che la Lega considera “nemico degli italiani e della sicurezza". Eppure da Terni, la famiglia di David Raggi, dà al paese una lezione di democrazia come la politica non è più in grado di darne e Diego Raggi ammonisce “L’omicidio di mio fratello David non sia motivo di odio razziale”.

La morte di David per mano straniera e la reazione della politica a questo omicidio – abbiamo sentito il solito grido scomposto della Lega ma nessuna altra voce si è levata per stigmatizzare questo perenne impeto razzista – mi dà la possibilità di parlare di un libro, “Exodus. I tabù dell’immigrazione” scritto da Paul Colliered edito da Laterza.

Collier scrive che dato il divario nei salari tra terzo e primo mondo, si stima chequasi il 40% della popolazione dei paesi poveri, se potesse, lascerebbe la propria terra per raggiungere le nazioni ricche. Ciò significa che siamo solo agli inizi di un fenomeno che in futuro sarà molto più esteso, massiccio e, se continuiamo a gestirlo in questo modo, preoccupante.

Collier suggerisce a un paese come l’Italia che, come porta di accesso al cosiddetto “mondo ricco”, è direttamente interessato dal fenomeno migratorio, di creare una politica di asilo più ragionevole che non dipenda unicamente dalla fortuna di riuscire a mettere un piede a Lampedusa sfuggendo alla morte. Collier suggerisce un sistema per cui pur facendo domanda di ingresso da un paese esterno all’Unione Europea, si possa avere qualche chance effettiva di essere accolti. Ma Collier dice anche che bisognerebbe creare posti di formazione per migranti al fine di poter auspicare un rientro nei paesi di origine dove si potranno mettere a frutto le competenze acquisite. A quanto pare, infatti, i paesi ricchi sottraggono ai paesi poveri risorse anche e soprattutto umane; ma forse potremmo allargare il discorso e dire che i paesi più ricchi e sviluppati, sottraggono a quelli più poveri e in difficoltà, quelle risorse umane di cui i paesi più poveri avrebbero bisogno per crescere.

Collier dice una cosa interessantissima, ovvero che gli effetti economici dell’immigrazione sulla popolazione ospite sono tutto sommati trascurabili. Ciò significa che il futuro non può prescindere da un’unione di intenti tra stati nazionali e aziende che devono lavorare perché diminuiscano le disuguaglianze economiche tra aree geografiche e perché si possa essere formati in un paese e poter far ritorno in patria per mettere a frutto gli anni di formazione.

Il fallimento della primavera araba è un fallimento prima di tutto nostro: abbiamo appoggiato le rivoluzioni, ma ci siamo disinteressati alle transizioni democratiche. La democrazia non si impone né si ottiene per imitazione, ma è diretta conseguenza di un crescente benessere. Se vogliamo risolvere davvero il problema immigrazione, le ultime politiche utili sono quelle dei respingimenti. È la gestione dei flussi l'unica cosa su cui ragionare. Questo dobbiamo capirlo, una volta per tutte.

 

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