giovedì 16 gennaio 2014

Un Angelo di nome Anna


“Il Poeta assomiglia al principe dei nembi
Che abita la tempesta e ride dell'arciere;
 Ma esule sulla terra, al centro degli scherni,
Per le ali di gigante non riesce a camminare.”
                                                                                                                     
  Charles Boudelaire



Un Angelo di nome Anna

Restò seduta davanti al mare in tempesta senza lasciare che il vento potesse convincerla a lasciare la sua postazione, tormentandola con il suo ululato e il suo soffio gelato... . Osservava le evoluzioni di un grosso albatros che sciabolava le sue traiettorie di pesca sulla scia di una vecchia baleniera che stava prendendo il largo in direzione dei mari antartici. Il volo del grande diomedeide è come quello dell’anima del poeta, abita la tempesta, è re dei cieli, apre gli occhi sul Mondo con lo Spirito del Sovrano delle Nuvole, ma per le sue caratteristiche enormi ali, sulla Terra è goffo, pesante, stenta a decollare. Anna, sulla abituale pietra calcarea che stava a mo di sedile sull’argine della grande muraglia bianca della Cornovaglia, solitaria sentinella del suo animo da regina, ascoltava le correnti e valutava le evoluzioni dell’immenso uccello marino come fossero le effemeridi dei pianeti del sistema solare. Il viaggio attraverso il dolore che provava, nel fissare la tempesta in arrivo, veniva da lontano, molto lungo, buio, difficile e doloroso. Il mare sotto le sue macerie di madre e donna mandavano segnali bagnati al suo volto di pietra e lei e l’albatros stavano viaggiando nella stessa direzione. Rivedeva sullo schermo delle nubi la sua vita, senza più lacrime. Il ricordo è sempre vivo, non ci lascia mai soli. Quante volte in dieci anni, quante mattinate gelide d’inverno, quante sconfitte raccolte. Quanto vento nelle sue tasche. La morte di un figlio non è una malattia da cui si può guarire. Ti lascia senza cuore e senza polmoni. Non vedi, non senti, ma sei senza limiti, senza confini, senza relazioni umane. Sola con la tua libertà e ascolti il buio che si raccoglie dentro di te. Una voragine che inghiotte e che libera. Anna è un angelo. L’ultima riga di dolore muto si affaccia sul suo schermo inconscio, si fa largo nel profondo del suo spirito e la guida verso le ali dell’albatros. Fu così che Anna poté staccarsi dalla Terra e volare come un gabbiano reale.

Il guardiano del faro, il primo ad arrivare sul posto, si accese la pipa e scosse il capo vedendo arrancare sullo stretto corridoio di sabbia l’uccello. Un immenso albatros la vegliava, le ali aperte gli impedivano di spiccare il volo. Anna rideva …. Rideva … 
Lasciò, rispettosamente, che il mare portasse nel suo grembo i due angeli caduti e tornò, con tutte le sue rughe e i suoi occhi sempre più profondi, verso il suo destino. 

Qualche giorno dopo arrivarono dei pescatori e avvisarono la capitaneria di porto. Fecero una rapidissima inchiesta. Nessuno da avvisare o a cui comunicare il decesso della donna. Dissero che era andata via da casa da una settimana quando trovarono il suo corpo adagiato sull’arenile. Ma erano distratti, non raccolsero i dieci anni di vento e tempesta che le sue ali da albatros avevano meticolosamente sistemato e raccolto.

Ugo Arioti

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