martedì 14 gennaio 2014

Giuditta e Oloferne - Artemisia Gentileschi - riflessione critica di Ugo Arioti


Giuditta e Oloferne

 
 
Artemisia Gentileschi è una straordinaria pittrice del seicento che giustamente figura, per la sua sagace e forbita "pennellata" tra le allieve di scuola Caravaggesca. I suoi quadri, una grande produzione artistica di grande pregio, raccontano attraverso le storie bibliche e profane la sua vita di giovane donna che vive un ambiente maschile e che ne viene travolta in tutti i sensi. Bene e Male sono trattati e figurati con gli occhi di chi è stata tradita dalla vita e ha dovuto subire l'oltraggio più blasfemo e turpe per una donna. Il quadro che più rappresenta questa sua voglia di rivincita è per chi vi scrive, senza dubbio, Giuditta e Oloferne, che colpisce per l'elevata dose di violenza che lo contraddistingue, per l'immediatezza dei soggetti raffigurati, per il gusto teatrale tipicamente barocco e per la sapienza con la quale vengono impiegati i colori, una sapienza già messa in evidenza dal suo mentore e “amante”, Roberto Longhi, in un suo famoso saggio del 1916: Gentileschi padre e figlia.

Come l’arte è trasfigurazione del Pensiero
e dell’Intelligenza umana!

La freddezza e l'impassibilità di Giuditta, il suo sforzo nel tenere ferma la testa di Oloferne, il generale che, a sua volta, tenta di respingere la serva che aiuta la protagonista a decapitare il nemico; il tema era già stato affrontato, con la stessa veemenza, da Caravaggio, ma la tela proposta da Artemisia Gentileschi assume anche una connotazione autobiografica. In questa tela c'è la pittrice che ha subito una violenza e che non paga della Giustizia Umana vuole che il suo stupratore, un amico di famiglia che approfitta dell'ambiente comune di lavoro per dar sfogo alla sua voglia  di animale senza "padrone", abbia una punizione che la purifichi e le ridia la sua giovinezza violata. Non vuole sporcarsi del sangue del gigantesco OLOFERNE ( dal libro di Giuditta - Antico testamento- Oloferne è il generale mandato da Nabucodonosor, Re degli Assiri, per sottomettere i ribelli Giudei e trova morte per mano dell'eroina giudea, già provata dal dolore per la morte del marito, ma pronta a sacrificarsi per la salvezza del suo popolo; Giuditta ( in ebraico La Giudea)  dopo aver fatto ubriacare di lei e di vino il generale, gli sottrae la scimitarra e invocando Dio con due colpi netti gli taglia la testa. Questo fatto di sangue, la decapitazione del Capo, getta lo scompiglio nel campo avversario che viene ad essere privato del suo condottiero... e, scompostamente frastornato lascia l’assedio per far ritorno a casa).
 
 
Caravaggio aveva ritratto Giuditta raccontando di lei il suo ribrezzo e la necessità dell'atto brutale, le mette vicino una vecchia serva, la saggezza che suggerisce l'atto, e un Oloferne decisamente meno giovane e bello di quello ritratto da Artemisia. La pittrice, invece, ritrae un gigantesco Oloferne, giovane e bello, quasi attraente animalescamente, e la serva diventa una giovane complice della Giustizia che lei cerca per se, ma non solo per se. La cerca per tutte le donne che devono nascondersi dietro gli uomini piuttosto che avere i mezzi e l’autonomia per competere ad armi pari. 

E' una forma di Femminismo ante litteram!

Ugo Arioti

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