Icaro che guarda il volo dei gabbiani, ovvero il mancato volo dal ponte di Franco Stella
Il fiume, giù in fondo alla
stretta valle coperta di arbusti, ortiche, sommacco e canne, scorreva lento e pingue
come un maiale all’ingrasso in un campo di ghiande. Franco Stella, per gli
amici del Bar da “Za Agatina a Ballarò” Ciccio
Virrina, per via del fatto che quando attaccava a parlare di una persona in
bene o in male non la finiva più, con la testa a pendoloni fuori dalla
ringhiera del ponte, sognava di volare, ma non riusciva a procurarsi un paio d’ali.
L’Oreto, il fiume che stava giù, non lo calcolava nemmeno, si insinuava tra le
sue antiche pietre e qualche sacchetto di plastica ricco di spazzatura annoiato
come sempre per la sua eterna condanna al ciclo terra cielo terra. Secondo voi
un fiume ha una sua intelligenza? Mah?!? Mentre scorreva, lemme lemme la scena
del film del suicidio, prestamente, poi, abortito per una pisciarella che aveva
colto in pieno Ciccio e gli aveva fatto sbrodolare i pantaloni, circolavano,
nella mente dell’aspirante Icaro senza ali, mille pensieri esistenziali. Chi
siamo noi, da dove veniamo, dove andiamo?! Poi, improvvisamente e senza un
preciso gesto pensato, mise una gamba fuori dal parapetto e gli attraversò la
schiena un brivido freddo, ghiacciato! Pensate aveva allungato tutte e due le
mani fuori dalla ringhiera del ponte. Il Ponte Corleone è molto, molto alto, fa
paura! Le auto passavano veloci e qualcuno gettava lo sguardo verso quell’uomo
sul ciglio del baratro. Uno gli gridò di sbrigarsi altrimenti col buio non
avrebbe visto il luogo dell’atterraggio! Un altro lo apostrofò con “ Idiota
devi saltare … chi non salta è un imbecille è …” Insomma, una varia e molto
raffinata costellazione di umani che lo
incitavano a dare il via allo spettacolo senza se e senza ma! Qualcuno scattava
una foto al volo. Finalmente una anziana signora fermò la macchina e, come
succede in questi casi disperati, lo stop di uno è il segnale per tutti i
curiosi e i volontari del “Bene” che non possono perdere l’occasione! Una lunga
fila di auto, qualcuno anche in doppia fila e tanta gente che correva verso il
nostro Icaro senza ali per dire la sua; sembravano api che vanno a caccia del
nettare e che puntano tutte su un unico fiore: Ciccio Virrina! Anche il fiume
si fece più silenzioso per ascoltare meglio quello che stava succedendo sopra
di lui o per capire se un altro, l’ennesimo, cadavere avesse portato tanta gente
in divisa e con i guanti tra i suoi canneti e i suoi depositi abusivi di munnizza per fare foto prendere pezzi
del cadavere e misure. E Ciccio? Il nostro aspirante suicida se l’era fatta
letteralmente addosso e sudava freddo perché una delle barre di ferro della
ringhiera del ponte, dove aveva appoggiato il piede per salire forse per i “mille”
anni di incuria e mancata manutenzione che la avevano logorato cedette inaspettatamente
sotto i piedi del malcapitato e Ciccio
rimase appeso alla ringhiera, la parte superiore, con le ascelle, mentre i piedi
ora gli penzolavano oscillando come la pendola di un cucù! Insomma era mancato
poco, tanto poco al decollo, ma le braccia tese verso fuori si erano,
istintivamente, riportate verso i fianchi agganciando il passamano superiore
della ringhiera proprio mentre il tubo inferiore, cedendo improvvisamente,
cadeva nel vuoto. La Signora si era fermata a un passo da lui e strillava verso
quelle api desiderose di prendere il nettare franchicaresco e portarlo all’alveare! “Prendetelo, prendetelo”
starnazzava la vecchia. Quattro giovinastri lo afferrarono e lo tirarono verso
la salvezza con tale violenza da fargli male. Gli volò fuori dal parapetto una
scarpa. Fu steso per terra e piantonato come fosse un ladro colto in fragrante.
Uno che aveva afferrato, uscendo dalla sua vettura, una bottiglia d’acqua gli e
la infilò in bocca per farlo bere, stava annegando quasi! Ciccio ora era
spaventato dal clamore che il suo gesto aveva procurato! “Sbottonategli la
camicia, fatelo respirare” continuava la donna, come fosse la caposala dell’operatoria!
Un altro gridò verso la calca di curiosi “ Chiamate un ambulanza. Non possiamo
lasciarlo qui …” L’uomo dell’acqua gli stappò la bottiglia dalla bocca e lo guardò amorevolmente facendogli per
primo la domanda che pendeva dalle labbra di tutti: Perché ti volevi buttare
giù?
Ecco,
perché si voleva gettare dal ponte Corleone quella mattina, la prima domenica
di maggio, Franco Stella? Cosa o chi lo avevano portato a tentare quel gesto
estremo? Una storia d’amore finita male? La disperata ricerca di un onesto
lavoro senza esito positivo? Una cartella esattoriale vessatoria e assurda? Qualsiasi
cosa o persona lo avesse spinto a questo gesto gravissimo una cosa è certa:
Ciccio non si era preparato bene. Si, voglio dire che non è così che uno si
suicida. E no! Non ci sono più i suicidi d’una volta, quando si scriveva prima
una lettera e poi si andava in un posto dove nemmeno un cane sarebbe potuto
passare per un ultimo addio alla vita. No, non si fa così. Ciccio Virrina
autodidatta aspirante al sacrificio finale 4 meno meno in suicidologia!
Il capannello degli attori
spettatori del tentativo di volo senza elastico dal Ponte Corleone aumentavano iperbolicamente
e arrivavano ora a bloccare quasi del tutto la carreggiata. Tutti cercavano di
penetrare fino al giaciglio del pover uomo, che si voleva buttare dal ponte perché
la sua donna lo aveva lasciato o perché non voleva dire a sua moglie che aveva
perso il lavoro o per chissà quale altra tragedia. Volevano anche solo dirgli
una parola o stringergli la mano o semplicemente toccarlo( per qualcuno, pare, porti fortuna!). A Ciccio venne la confusione!
Tutti quei visi sconosciuti che lo osservavano come fosse un animale raro
ferito. Finalmente arrivò l’ambulanza e vennero a prelevarlo, con la lettiga e
il medico che pareva un ragazzino poco più che ventenne, sbarbato e leccato con
la testa piena di gel. La folla si aprì intorno a loro e tutti volevano
spiegare quello che era successo mentre una ragazza in tuta blu raccoglieva
informazioni. Lo trascinarono via, la sirena cominciò la sua musica e l’autista
dell’ambulanza riuscì a trovare un varco per tornare verso l’ospedale civico. La
gran parte degli astanti si dileguò rientrando nelle proprie vetture e
togliendo l’ancora, restarono solo la vecchia e i primi quattro soccorritori
per un altro po di tempo a parlare della storia, forse per metterla bene a
memoria e per poterla raccontare agli amici. Franco era talmente spaventato che
non gli usciva nemmeno una parola. Per uno scherzo del destino era più
impaurito adesso che prima, quando la barra della ringhiera si era staccata dal
parapetto del ponte ed era volata giù. < Mi dica il suo nome> gli
ripeteva la dama in blu. Alla fine, con un fil di voce strabuzzando gli occhi,
la donna era giovane e procace, le rispose:< Mi chiamo Franco. Franco Stella
e abito a Piazzetta del Carmine .. dieci .. a Ballarò> < Finalmente!> esclamò
lei. < signor Franco perché si voleva ammazzare?> lo incalzò diretta e
spregiudicata( che si fa così?). < Chi io?> < No, Signor Franco,
quello che passava. Avanti si apra e non sia reticente siamo qui per aiutarla.>
< A me?> < Ha bevuto?> < Si, una bottiglia di vino con gli amici
del bar!> < Ecco> disse allora il medico< Come pensavo ha bevuto e
poi …> La femmina che sembrava Diana con arco e frecce lanciò uno sguardo
freddo e disgustato al dottorino. Poi rivolgendosi a Ciccio gli chiese di
raccontare la sua storia dei fatti di quella mattinata domenicale di maggio dal
bar con gli amici in poi, naturalmente i fatti salienti. Ma Ciccio non
ricordava null’altro che quella vecchia che strillava “ Prendetelo, prendetelo”
e la confusione che si era sviluppata intorno a lui e la ferita al piede che
gli avevano procurato strattonandolo per sganciarlo, per così dire, dalla
ringhiera del ponte. Come era arrivato al ponte Corleone e quello che era
successo al bar dopo il brindisi per la vittoria del Palermo, proprio non lo
ricordava. Niente era un tratto della sua vita scomparso ne nulla, forse caduto
nel fiume Oreto!? < Ancora non mi ha detto perché voleva buttarsi giù.>
Disse secca e precisa l’infermiera. Franco la guardò con stupore. < Signora,
io non ho mai voluto buttarmi giù dal ponte! Vuole scherzare?> < Allora
da cosa lo hanno salvato?> < Ma c’è un equivoco … no. Stavo guardando
alcuni uccelli che volavano sopra il fiume Oreto e per un attimo …> <
Voleva fare come loro!> < No, ma che dice, no. Ho messo il piede sulla
prima barra di sotto del parapetto, questa non so come si è rotta e mi è
scivolato il piede, ma ero appeso al passamano, poi lo spazio non c’era per
cadere di sotto, no. Ma chi le ha detto che volevo …?> < Tutti quelli che
lo hanno visto e per umanità si sono fermati e lo hanno tirato via dalla
ringhiera. Tutti.> < Non è così. Le giuro. Ma sta scherzando io … no. Mi vengono
i brividi solo a pensarci.> < Ha perso una scarpa> lo incalzò e il
medico < le è caduta giù?> < Si, quando mi hanno violentemente tirato
e mi hanno anche procurato questa ferita al piede!> < Quindi lei non
voleva suicidarsi?> < Sta scherzando? No, mai e se vuole posso anche
sottoscriverlo.> rispose alzando il tono della voce Ciccio. La donna busso
sulla paretina della cabina di guida. < Dimmi Grazia> le replicò il conducente. < Ferma un attimo> <
Firmi qua> ingiunse al nostro novello Icaro mancato. < Cosa?> < Che
lei si è ferito scivolando sul marciapiede del ponte Corleone.> < Firmo
qua?> < Si> < E ora?> < Ora la lasciamo prima del Civico, lei
torna a casa e si fa un bel riposino, ok?> Il medico allora : < Ma non
possiamo lasciarlo andare via. Se torna al ponte e si butta giù?> L’infermiera guardò con compassione il
dottorino e con femminea saetta Ciccio. < Lei vuole suicidarsi?> <
Ancora con sto suicidio? Io mi sono pisciato addosso per la paura quando ha ceduto
la barra dove appoggiavo i piedi. Per carità> < Io non sono d’accordo!>
esclamò in un rigurgitò d’autorità il giovin medico. < Ecco e allora firmi qua,
dottor Licitra!> gli ordinò la donna e lui firmò. < Si metta seduto Lei,
la ferita al piede era solo un graffio. Le abbiamo messo un cerotto
disinfettante. Cerchi di andare a casa e dormirci su e non si faccia più venire
in testa di osservare i gabbiani dal Ponte Corleone. Sono stata chiara?>
< Chiarissima!> Poi rivolta all’autista : <Fermati prima del Pronto
Soccorso che il signore scende e andiamo in Via Oreto altezza Via Palermo.>
dalle "Cronache del nulla" di Ugo Arioti
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