domenica 16 marzo 2014

I racconti della domenica ( Ugo Arioti)

Icaro che guarda il volo dei gabbiani, ovvero il mancato volo dal ponte di Franco Stella

Il fiume, giù in fondo alla stretta valle coperta di arbusti, ortiche, sommacco e canne, scorreva lento e pingue come un maiale all’ingrasso in un campo di ghiande. Franco Stella, per gli amici del Bar da “Za Agatina a Ballarò” Ciccio Virrina, per via del fatto che quando attaccava a parlare di una persona in bene o in male non la finiva più, con la testa a pendoloni fuori dalla ringhiera del ponte, sognava di volare, ma non riusciva a procurarsi un paio d’ali. L’Oreto, il fiume che stava giù, non lo calcolava nemmeno, si insinuava tra le sue antiche pietre e qualche sacchetto di plastica ricco di spazzatura annoiato come sempre per la sua eterna condanna al ciclo terra cielo terra. Secondo voi un fiume ha una sua intelligenza? Mah?!? Mentre scorreva, lemme lemme la scena del film del suicidio, prestamente, poi, abortito per una pisciarella che aveva colto in pieno Ciccio e gli aveva fatto sbrodolare i pantaloni, circolavano, nella mente dell’aspirante Icaro senza ali, mille pensieri esistenziali. Chi siamo noi, da dove veniamo, dove andiamo?! Poi, improvvisamente e senza un preciso gesto pensato, mise una gamba fuori dal parapetto e gli attraversò la schiena un brivido freddo, ghiacciato! Pensate aveva allungato tutte e due le mani fuori dalla ringhiera del ponte. Il Ponte Corleone è molto, molto alto, fa paura! Le auto passavano veloci e qualcuno gettava lo sguardo verso quell’uomo sul ciglio del baratro. Uno gli gridò di sbrigarsi altrimenti col buio non avrebbe visto il luogo dell’atterraggio! Un altro lo apostrofò con “ Idiota devi saltare … chi non salta è un imbecille è …” Insomma, una varia e molto raffinata costellazione di umani che  lo incitavano a dare il via allo spettacolo senza se e senza ma! Qualcuno scattava una foto al volo. Finalmente una anziana signora fermò la macchina e, come succede in questi casi disperati, lo stop di uno è il segnale per tutti i curiosi e i volontari del “Bene” che non possono perdere l’occasione! Una lunga fila di auto, qualcuno anche in doppia fila e tanta gente che correva verso il nostro Icaro senza ali per dire la sua; sembravano api che vanno a caccia del nettare e che puntano tutte su un unico fiore: Ciccio Virrina! Anche il fiume si fece più silenzioso per ascoltare meglio quello che stava succedendo sopra di lui o per capire se un altro, l’ennesimo, cadavere avesse portato tanta gente in divisa e con i guanti tra i suoi canneti e i suoi depositi abusivi di munnizza per fare foto prendere pezzi del cadavere e misure. E Ciccio? Il nostro aspirante suicida se l’era fatta letteralmente addosso e sudava freddo perché una delle barre di ferro della ringhiera del ponte, dove aveva appoggiato il piede per salire forse per i “mille” anni di incuria e mancata manutenzione che la avevano logorato cedette inaspettatamente  sotto i piedi del malcapitato e Ciccio rimase appeso alla ringhiera, la parte superiore, con le ascelle, mentre i piedi ora gli penzolavano oscillando come la pendola di un cucù! Insomma era mancato poco, tanto poco al decollo, ma le braccia tese verso fuori si erano, istintivamente, riportate verso i fianchi agganciando il passamano superiore della ringhiera proprio mentre il tubo inferiore, cedendo improvvisamente, cadeva nel vuoto. La Signora si era fermata a un passo da lui e strillava verso quelle api desiderose di prendere il nettare franchicaresco e portarlo all’alveare! “Prendetelo, prendetelo” starnazzava la vecchia. Quattro giovinastri lo afferrarono e lo tirarono verso la salvezza con tale violenza da fargli male. Gli volò fuori dal parapetto una scarpa. Fu steso per terra e piantonato come fosse un ladro colto in fragrante. Uno che aveva afferrato, uscendo dalla sua vettura, una bottiglia d’acqua gli e la infilò in bocca per farlo bere, stava annegando quasi! Ciccio ora era spaventato dal clamore che il suo gesto aveva procurato! “Sbottonategli la camicia, fatelo respirare” continuava la donna, come fosse la caposala dell’operatoria! Un altro gridò verso la calca di curiosi “ Chiamate un ambulanza. Non possiamo lasciarlo qui …” L’uomo dell’acqua gli stappò la bottiglia dalla bocca  e lo guardò amorevolmente facendogli per primo la domanda che pendeva dalle labbra di tutti: Perché ti volevi buttare giù?

Ecco, perché si voleva gettare dal ponte Corleone quella mattina, la prima domenica di maggio, Franco Stella? Cosa o chi lo avevano portato a tentare quel gesto estremo? Una storia d’amore finita male? La disperata ricerca di un onesto lavoro senza esito positivo? Una cartella esattoriale vessatoria e assurda? Qualsiasi cosa o persona lo avesse spinto a questo gesto gravissimo una cosa è certa: Ciccio non si era preparato bene. Si, voglio dire che non è così che uno si suicida. E no! Non ci sono più i suicidi d’una volta, quando si scriveva prima una lettera e poi si andava in un posto dove nemmeno un cane sarebbe potuto passare per un ultimo addio alla vita. No, non si fa così. Ciccio Virrina autodidatta aspirante al sacrificio finale 4 meno meno in suicidologia!   

Il capannello degli attori spettatori del tentativo di volo senza elastico dal Ponte Corleone aumentavano iperbolicamente e arrivavano ora a bloccare quasi del tutto la carreggiata. Tutti cercavano di penetrare fino al giaciglio del pover uomo, che si voleva buttare dal ponte perché la sua donna lo aveva lasciato o perché non voleva dire a sua moglie che aveva perso il lavoro o per chissà quale altra tragedia. Volevano anche solo dirgli una parola o stringergli la mano o semplicemente toccarlo( per qualcuno, pare,  porti fortuna!). A Ciccio venne la confusione! Tutti quei visi sconosciuti che lo osservavano come fosse un animale raro ferito. Finalmente arrivò l’ambulanza e vennero a prelevarlo, con la lettiga e il medico che pareva un ragazzino poco più che ventenne, sbarbato e leccato con la testa piena di gel. La folla si aprì intorno a loro e tutti volevano spiegare quello che era successo mentre una ragazza in tuta blu raccoglieva informazioni. Lo trascinarono via, la sirena cominciò la sua musica e l’autista dell’ambulanza riuscì a trovare un varco per tornare verso l’ospedale civico. La gran parte degli astanti si dileguò rientrando nelle proprie vetture e togliendo l’ancora, restarono solo la vecchia e i primi quattro soccorritori per un altro po di tempo a parlare della storia, forse per metterla bene a memoria e per poterla raccontare agli amici. Franco era talmente spaventato che non gli usciva nemmeno una parola. Per uno scherzo del destino era più impaurito adesso che prima, quando la barra della ringhiera si era staccata dal parapetto del ponte ed era volata giù. < Mi dica il suo nome> gli ripeteva la dama in blu. Alla fine, con un fil di voce strabuzzando gli occhi, la donna era giovane e procace, le rispose:< Mi chiamo Franco. Franco Stella e abito a Piazzetta del Carmine .. dieci .. a Ballarò> < Finalmente!> esclamò lei. < signor Franco perché si voleva ammazzare?> lo incalzò diretta e spregiudicata( che si fa così?). < Chi io?> < No, Signor Franco, quello che passava. Avanti si apra e non sia reticente siamo qui per aiutarla.> < A me?> < Ha bevuto?> < Si, una bottiglia di vino con gli amici del bar!> < Ecco> disse allora il medico< Come pensavo ha bevuto e poi …> La femmina che sembrava Diana con arco e frecce lanciò uno sguardo freddo e disgustato al dottorino. Poi rivolgendosi a Ciccio gli chiese di raccontare la sua storia dei fatti di quella mattinata domenicale di maggio dal bar con gli amici in poi, naturalmente i fatti salienti. Ma Ciccio non ricordava null’altro che quella vecchia che strillava “ Prendetelo, prendetelo” e la confusione che si era sviluppata intorno a lui e la ferita al piede che gli avevano procurato strattonandolo per sganciarlo, per così dire, dalla ringhiera del ponte. Come era arrivato al ponte Corleone e quello che era successo al bar dopo il brindisi per la vittoria del Palermo, proprio non lo ricordava. Niente era un tratto della sua vita scomparso ne nulla, forse caduto nel fiume Oreto!? < Ancora non mi ha detto perché voleva buttarsi giù.> Disse secca e precisa l’infermiera. Franco la guardò con stupore. < Signora, io non ho mai voluto buttarmi giù dal ponte! Vuole scherzare?> < Allora da cosa lo hanno salvato?> < Ma c’è un equivoco … no. Stavo guardando alcuni uccelli che volavano sopra il fiume Oreto e per un attimo …> < Voleva fare come loro!> < No, ma che dice, no. Ho messo il piede sulla prima barra di sotto del parapetto, questa non so come si è rotta e mi è scivolato il piede, ma ero appeso al passamano, poi lo spazio non c’era per cadere di sotto, no. Ma chi le ha detto che volevo …?> < Tutti quelli che lo hanno visto e per umanità si sono fermati e lo hanno tirato via dalla ringhiera. Tutti.> < Non è così. Le giuro. Ma sta scherzando io … no. Mi vengono i brividi solo a pensarci.> < Ha perso una scarpa> lo incalzò e il medico < le è caduta giù?> < Si, quando mi hanno violentemente tirato e mi hanno anche procurato questa ferita al piede!> < Quindi lei non voleva suicidarsi?> < Sta scherzando? No, mai e se vuole posso anche sottoscriverlo.> rispose alzando il tono della voce Ciccio. La donna busso sulla paretina della cabina di guida. < Dimmi Grazia> le replicò  il conducente. < Ferma un attimo> < Firmi qua> ingiunse al nostro novello Icaro mancato. < Cosa?> < Che lei si è ferito scivolando sul marciapiede del ponte Corleone.> < Firmo qua?> < Si> < E ora?> < Ora la lasciamo prima del Civico, lei torna a casa e si fa un bel riposino, ok?> Il medico allora : < Ma non possiamo lasciarlo andare via. Se torna al ponte e si butta giù?>  L’infermiera guardò con compassione il dottorino e con femminea saetta Ciccio. < Lei vuole suicidarsi?> < Ancora con sto suicidio? Io mi sono pisciato addosso per la paura quando ha ceduto la barra dove appoggiavo i piedi. Per carità> < Io non sono d’accordo!> esclamò in un rigurgitò d’autorità il giovin medico. < Ecco e allora firmi qua, dottor Licitra!> gli ordinò la donna e lui firmò. < Si metta seduto Lei, la ferita al piede era solo un graffio. Le abbiamo messo un cerotto disinfettante. Cerchi di andare a casa e dormirci su e non si faccia più venire in testa di osservare i gabbiani dal Ponte Corleone. Sono stata chiara?> < Chiarissima!> Poi rivolta all’autista : <Fermati prima del Pronto Soccorso che il signore scende e andiamo in Via Oreto altezza Via Palermo.>
dalle "Cronache del nulla" di Ugo Arioti
  

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