Oggi sappiamo abbastanza bene che cosa è l’uomo: è un animale, fa parte
in tutto e per tutto dei cicli naturali, si nutre, si sviluppa, si riproduce
e muore come gli altri mammiferi. Anche il suo comportamento è
qualitativamente riconducibile a quello degli altri animali più simili. La
differenza di informazione genetica rispetto a uno scimpanzé è di poco
superiore all'uno per cento. La percezione dell’appartenenza della nostra
specie alla Natura avrebbe dovuto essere accolta con grande serenità; era
come liberarsi da un peso inutile. Invece non è stato così, o forse non
ancora, almeno nella cultura occidentale. Nel linguaggio corrente,
nell'etica, nel diritto, l’uomo è ancora considerato in contrapposizione con
l’idea di animale.
Per inciso, quanto sopra detto non significa
necessariamente che l’uomo sia soltanto un animale. Nella cultura
occidentale, e quindi ormai in tutto il mondo, ancora oggi la nostra specie
non è di fatto considerata una parte della Biosfera, ma come un elemento
esterno rispetto al quale si misura ogni valore. Tanto è vero che
l’espressione “l’ambiente” sottintende spesso “l’ambiente dell’uomo”, che
resta l’unico riferimento per tutte le considerazioni etiche. Anche i
cosiddetti ambientalisti parlano di solito di “tenere pulita la nostra casa”,
conservare il “patrimonio di tutti”, consegnare la Terra in buono stato alle
generazioni future. Il riferimento costante, considerato ovvio, è l’uomo.
Oggi invece sappiamo che l’uomo non è nella posizione di “abitante di una
casa”, ma è come un gruppo di cellule di un Organismo, da cui dipende
totalmente. Infatti l’ecosistema globale è un Organismo e non “l’ambiente
dell’uomo”: questa posizione della nostra specie deve ancora essere recepita
dalle correnti filosofiche occidentali, oltre che da tutte le istituzioni.
La posizione “esterna” dell’uomo, esportata in tutto
il mondo sull’onda della tumultuosa espansione dell’Occidente, è il
sottofondo di pensiero che ha provocato i grossi guai in cui ci troviamo.
Considerare l’uomo al di sopra o al di fuori dell’ecosistema ha causato anche
il drammatico aumento di popolazione umana e la spaventosa crescita dei
consumi che hanno caratterizzato gli ultimi due secoli. Il funzionamento
della Biosfera Per usare il linguaggio della teoria dei sistemi, un essere vivente
è un sistema che si mantiene in situazione stazionaria lontana
dall’equilibrio termodinamico. In altre parole, vive finché un flusso di
energia lo attraversa continuamente senza che si alterino le sue condizioni
generali, se si trascurano le piccole oscillazioni attorno ai valori
standard. Il vivente è un sistema omeostatico, cioè è in grado di mantenersi
nelle condizioni vitali auto correggendo le variazioni accidentali non troppo
grandi attraverso interazioni fra tutti i suoi sottosistemi, componenti e
flussi energetici. La Biosfera nel suo complesso si comporta come un sistema
vivente, anche se in generale su tempi più lunghi. Si noti che questo
discorso è indipendente dalle considerazioni, di natura metafisica, se sia un
essere vivente (Gaia), se sia sede di fenomeni mentali e - in tal caso - fino
a che punto sia cosciente. Anche un ecosistema, ad esempio una porzione
abbastanza grande ed inalterata di foresta pluviale equatoriale, si comporta
come un sistema stazionario lontano dall’equilibrio, cioè come un essere
vivente. Quando uno di questi sistemi perde le sue capacità di omeostasi per
un intervento esterno troppo drastico, si ha la morte dell’essere vivente, o
comunque la fine del sistema in quanto tale.
I tempi e la gravità degli interventi in grado di
provocare fenomeni di questo tipo sono naturalmente molto diversi a seconda
del sistema interessato. La cultura occidentale, considerando l’uomo al di
fuori della Biosfera, ha reso possibile l’aggressione alla Natura che è
iniziata da un paio di secoli, cioè da quando si è data il potere tecnico per
farlo. A causa del modo di funzionare di questo modello culturale che sta
invadendo tutta la Terra, le capacità omeostatiche complessive del Pianeta
non sono più in grado di riportarlo in condizioni stazionarie. Inoltre molti
ecosistemi vengono distrutti e non possono essere sostituiti con altri
“artificiali”, perché questi ultimi dipendono spesso da interventi permanenti
esterni per essere mantenuti in condizioni vitali. Come esempio, non possiamo
illuderci che la riforestazione riporti in vita la foresta originaria: è
meglio di niente, ma non può sostituire la ricchezza di vita e di
spiritualità di una foresta naturale. In realtà la Terra è stazionaria solo
se si considerano tempi dell’ordine di decenni, o secoli, non lo è più se
consideriamo tempi dell’ordine di milioni di anni: il problema sta nel fatto
che le modifiche causate dalla civiltà industriale nei cicli naturali hanno
velocità dieci - centomila volte più grandi di quelle normali, che consentono
alla vita di adattarsi gradualmente alle nuove situazioni. Usando un
linguaggio non rigoroso, in natura è come se si passasse da una situazione
stazionaria ad un’altra, senza transitori “pericolosi”. Comunque, agli
effetti delle considerazioni qui esposte, è come se la Terra vivesse in
situazione realmente stazionaria.
Oggi ci troviamo durante un transitorio “veloce”: il
modo di procedere attuale non può durare a lungo. Quindi è probabile che
molti parametri che caratterizzano ora il sistema globale non possano essere
mantenuti se la Terra si riporta in situazione vitale. In particolare è
abbastanza evidente che l’attuale popolazione umana esistente sul Pianeta è
eccessiva per consentire alla Biosfera di funzionare, con un livello medio di
consumi pro-capite pari a quello attuale. Sistema economico e popolazione
umana Il sistema economico, cioè il processo di produrre-vendere-consumare,
si può ricondurre ad un’unica variabile, il denaro. Il sottosistema economico
non può funzionare in un sistema complesso e stazionario lontano
dall’equilibrio, come la Biosfera, che dipende da un gran numero di
variabili. In sostanza il processo economico impedisce l’omeostasi della
Biosfera: il sistema complessivo cessa di essere stazionario. In un vivente
questo corrisponde alla morte dell’organismo. Se poi consideriamo che il
sistema economico attuale per mantenersi deve essere in crescita, a maggior
ragione risulta chiaro che è incompatibile con il funzionamento del sistema
più grande di cui fa parte. Un’economia complessivamente in crescita può
soltanto essere un transitorio, un fenomeno patologico nella Biosfera, che
porta necessariamente verso un punto “di catastrofe”. Questo è un elemento di
ottimismo: il vero pessimismo è prevedere la continuazione degli andamenti attuali,
che portano ad un mondo degradato, alla scomparsa della biodiversità, a
psicopatie e criminalità, alla fine della varietà e della bellezza del mondo.
L’uomo non evita mai le catastrofi, ma ne guarisce: speriamo che sia vero.
È sorprendente notare che esistono ben poche
ricerche su un problema come quello del numero massimo di umani che la Terra
può sopportare: ad esempio, nello studio riportato nel libro Assalto al
pianeta di Pignatti e Trezza (Bollati Boringhieri, 2000) si parla di una
popolazione ammissibile inferiore ai due miliardi di individui, in accordo
con i valori di una ricerca effettuata all’Università Cornell. In una delle
proiezioni ipotizzate nel famoso rapporto I limiti dello sviluppo si
perveniva ad una situazione stazionaria solo stabilizzando la popolazione
mondiale attorno al 1975, il che corrispondeva ad un numero di umani di poco
inferiore a quattro miliardi, con un livello di consumi medio pro-capite
minore di quello attuale. Sei miliardi di umani possono stare sul pianeta
solo per tempi molto limitati, perché vivono e consumano “divorando” la
Terra. Al di là di considerazioni numeriche, è comunque abbastanza evidente
che, se si vogliono aumentare i consumi pro-capite, è necessario diminuire la
densità di popolazione umana. Potrebbe essere un compito della scienza
valutare se un prodotto può essere realizzato e in quale quantità senza
mettere in pericolo il funzionamento vitale della Terra. Come esempio, è
presumibile che, se si vogliono costruire e far circolare auto private con motore
a scoppio, la popolazione mondiale debba essere molto inferiore al miliardo
di abitanti, ipotizzando un’auto per famiglia. Competizione e selezione Una
delle concezioni di fondo della nostra società è l’idea che competizione e
selezione siano una specie di “molla del progresso”, anzi siano addirittura
il modo di evolversi della vita. Quando, verso la metà dell’Ottocento,
comparve l’idea dell’evoluzione biologica, furono messe in grande evidenza,
come fattori quasi esclusivi dell’evoluzione, la lotta per la vita e la
sopravvivenza del più adatto. Invece la novità principale era l’appartenenza
della nostra specie alla Natura, con tutte le conseguenze che questo
comporta. L’idea della sopravvivenza del più adatto come fattore di
“progresso” non era una constatazione biologica, ma un bisogno della nascente
civiltà industriale.
I recenti studi di Lynn Margulis hanno evidenziato
che l’evoluzione biologica è stata in gran parte frutto della cooperazione e
della simbiosi fra organismi unicellulari durante almeno un miliardo di anni.
Con questo non si vuol dire che la competizione in natura non esista: è un
fattore fra tanti. La sacralità della Terra Assieme all’operazione di essersi
tirato fuori dalla Biosfera, ponendosi “al di sopra” di essa, l’uomo
occidentale ha tolto l’anima al mondo. Ma oggi, anche senza uscire dalla
nostra cultura, alcuni pensatori hanno ampliato il concetto di mente fino a
renderlo indipendente dal supporto di un sistema nervoso centrale: la mente
sarebbe semplicemente frutto di una certa complessità (Gregory Bateson).
Anche lo psichiatra junghiano James Hillmann insiste spesso sull’idea di
“Anima del mondo”. Da vie diverse ricompare la mente nella Natura, anche se
per ora si tratta di idee con scarsa diffusione, sempre limitandosi alla cultura
occidentale. Ricordiamo che, oltre alle filosofie di spiriti più o meno
isolati, ci sono le religioni, che hanno un’influenza ben maggiore sulle
moltitudini. Uno dei compiti principali delle religioni potrebbe essere
quello di fornire una visione del mondo in cui inquadrare i fenomeni e di
dare prescrizioni morali che non riguardino qualche problema immediato o a
breve termine o solo questioni umane, ma che preservino la salute della
Terra, in quanto bene in sé: questo compito non può essere affidato né alla
politica, né ad istituzioni “pratiche”. Le religioni, più che pensare a quale
sia “la verità”, potrebbero diffondere sentimenti di empatia e di amore verso
tutti gli esseri senzienti, cioè verso tutte le entità naturali. A questo
riguardo le tradizioni filosofico-religiose che maggiormente si sono
preoccupate del bene del complesso naturale a tempo indefinito sono state
alcune tradizioni di origine orientale (Buddhismo, Jainismo, Taoismo) e
alcune culture animiste, soprattutto quelle native del continente americano.
Spesso la percezione che si trattava di prescrizioni “ecologiche” non era
molto evidente, almeno agli europei.
Ho citato prima alcuni pensatori di formazione
occidentale, a cui aggiungerò il biochimico e filosofo Rupert Sheldrake, che
scrive: Che cosa cambia se consideriamo la Natura viva piuttosto che
inanimata? Primo, mettiamo in crisi le ipotesi umanistiche su cui la civiltà
moderna è basata. Secondo, instauriamo un rapporto diverso con il mondo
naturale e acquistiamo una prospettiva diversa della natura umana. Terzo,
diventa possibile una nuova sacralizzazione della natura. (La rinascita della
Natura, Ed. Corbaccio, 1993). Mi sono limitato agli scritti più recenti: si
tratta di casi isolati, che non hanno avuto in pratica molto seguito, ma che
comunque esistono. Se non altro, riescono a mettere in evidenza che, perché
sia presente il senso del sacro, non è assolutamente necessario postulare
l’esistenza di un Dio personale ed esterno al mondo e che si occupa
esclusivamente degli umani, come nelle tradizioni originarie del Medio
Oriente e diffuse nella cultura occidentale. Per quanto riguarda questi
fondamenti religiosi dell’Occidente (anche della parte laica), una modifica
positiva dell’atteggiamento verso il mondo naturale si avrebbe se venisse
riconosciuta la matrice indiana-buddhista, e non giudaica, dell’insegnamento
di Cristo. Conclusioni Ci possono essere innumerevoli scale di valori, ma da
quanto accennato è evidente che il primo valore dovrebbe essere quello di
consentire la vita della Biosfera, da cui dipendiamo: la sopravvivenza della
Terra è essenziale.
L’etica della Terra non è solo una posizione
filosofica, è soprattutto una necessità per mantenere in vita e in salute
l’Organismo cui apparteniamo, assieme alle altre specie, agli ecosistemi,
all’atmosfera, al mare, ai fiumi, alle montagne. Se poi invece della logica
sistemica vogliamo ascoltare la voce del cuore o dell’anima, ecco
un’espressione di una cultura nativa del continente americano (etnìa Wintu,
che si trovava nel nord-ovest degli attuali Stati Uniti):Quando noi indiani
uccidiamo, la carne la mangiamo tutta. Quando estraiamo le radici facciamo
piccoli fori: quando costruiamo case facciamo piccoli buchi nel terreno. Non
abbattiamo gli alberi: usiamo solo legno già morto. Ma quest’altra razza di
uomo ara il terreno, abbatte gli alberi, uccide tutti gli animali. L’albero
dice: “Non farlo. Mi fai male. Non ferirmi”. Ma l’uomo bianco lo abbatte e lo
taglia in pezzi. Come può lo Spirito della Terra amare quest’uomo? Dovunque
egli ha toccato, la Terra ne è rimasta ferita.
Guido Dalla Casa (articolo pubblicato sulla Rivista
ALDAI)
|
La scuola di ecologia Culturale è un luogo di scambio di esperienze e di costruzione di tecniche democratiche e pacifiche per lo sviluppo sostenibile delle società umane e si muove per realizzare iniziative (prevalentemente in partnership) per l’educazione dei giovani (la scuola del territorio e uno dei partner naturali della scuola) e lo sviluppo di un capitale umano di eccellenza che dovrà essere protagonista dello sviluppo culturale ed economico delle società e dei popoli Euro Mediterranei.
venerdì 28 marzo 2014
L'Etica della Terra ( argomento 2014)
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
La solitudine di Israele e la sua maledizione (Ugo Arioti @2024 ) Gli ebrei furono scelti da Dio per essere "la proprietà...
-
Il Mare, la grande madre di tutti noi che viviamo nell’Isola, è quel grande raccoglitore dove si aggregano culture, conoscenze, esperien...
-
Buongiorno, oggi cominciamo un percorso culturale che ci può condurre ad una vetta altissima e trascendentale, tanto da far venir le ver...
Nessun commento:
Posta un commento