Giuseppe Maria Jurato, giudice della Gran
Corte Civile e il suo splendido Palazzo in Via Maqueda vicino ai Quattro Canti ( aspirazione di un ricco borghese a diventare nobile!)
(foto 1980)
Si tratta di palazzo
Jurato (oggi più conosciuto come palazzo del marchese Rudinì che ne fu
proprietario in seguito). Anche se si tratta in tutto e per tutto di un palazzo
aristocratico non fu un nobile ad edificarlo, bensì don Giuseppe Maria Jurato,
giudice della Gran Corte Civile. Alta borghesia quindi, ma pur sempre soltanto
borghesia. Sia economicamente che professionalmente era un uomo arrivato, ma si
doleva di non appartenere ad una famiglia nobile, poiché in pieno settecento
erano gli aristocratici che contavano davvero, i cui status symbol erano anche
i sontuosi palazzi palermitani dove si gareggiava in lusso e sfarzosi
ricevimenti. E poichè Jurato di soldi ne aveva tanti decise di costruirsi un
palazzo tutto suo, nel cuore della città, da ostentare a quella nobiltà con la
puzza sotto il naso. Acquistò un corpo di case ai quattro canti e si mise al
lavoro. Di fronte sorgeva inoltre il palazzo che il ricchissimo Giuseppe
Merendino aveva costruito da poco e per una sorta di gara si richiamarono i
migliori artisti e artigiani per la definizione della nuova dimora. Una volta
terminato mise sul portone di ingresso una scritta latina: "remis et non
velis" (coi remi e non con le vele). Allusione provocatoria a Giuseppe Merendino
che aveva edificato la propria dimora con tanta larghezza di mezzi. Inoltre
scrisse Ioseph M. Iurato, patritii panormitani suorum ad usum MDCCLV (Per uso
di Giuseppe M. Iurato, patrizio palermitano e dei suoi 1755). Che si
ammettessero pure vele e remi ma che Giuseppe Jurato si autoproclamasse
patrizio palermitano non andò giù ai nobili palermitani che da allora
cominciarono un'impietosa opera di "sfottimento", come diremmo oggi,
con cartelli più o meno anonimi e altro. Alla fine il povero Maria Jurato si
vide costretto ad eliminare le scritte incriminate continuando comunque a
godersi il suo bel palazzo. Questo passò all'inizio dell'ottocento agli
Starrabba marchesi di Rudinì. Nelle tragiche giornate della rivolta del
"Sette e mezzo"(per la durata in giorni della rivolta) Antonio
Starrabba, marchese di Rudinì, sindaco della città si vide devastare il palazzo
per aver tentato di fronteggiare il popolo. Il palazzo, dopo lungo degrado
venne restaurato nel 1979 dal Comune di Palermo che lo destinava ad uffici, funzione
che mantiene ancora oggi. L'interno è una successione di sale splendidamente
affrescate. Bellissimo lo scalone in pietra grigia. Nonostante il palazzo sia
in ottime condizioni internamente, all'esterno sarebbe necessario un bel
restauro.
Monumento
funerario di Giuseppe Maria Jurato, giudice della Gran Corte Civile, nella Chiesa dei
Cruciferi in Via Maqueda a Palermo.
Ugo Arioti
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