martedì 5 marzo 2013

Breve storia della retorica (3)


Abbiamo ritenuto importante definire il quadro storico nel quale è nata e si è evoluta la retorica, serve a capire la sua attualità e la sua importanza nella vita di ogni giorno. Così abbiamo preso in prestito la parte, tratta da una lezione, che riguarda la Breve storia della retorica (V sec. a.C. – XV sec. d.C.) di Piero Polidoro. Come dal cuore parte la speranza e l’amore, dal cuore del Mediterraneo, la Sicilia, nasce la retorica con Empedocle.

Nascita della retorica

Quando e come nasce la retorica? I dettagli sono incerti ed il primato è difficile da assegnare, ma pare certo che l’“arte retorica” abbia avuto origine nel V secolo a.C., in Sicilia. Nel 472 a.C. il tiranno di Agrigento e Imera, Trasideo, venne sconfitto da Ierone, o Gerone, (tiranno di Siracusa) e fu costretto alla fuga. Agrigento e Imera, allora, si diedero un nuovo ordinamento, prima oligarchico e, poco dopo, democratico. Uno dei principali esponenti delle tesi democratiche, che difendeva appassionatamente nelle assemblee pubbliche, era Empedocle.
Nel 466, a Siracusa, Trasibulo, fratello di Gerone, salì al potere. La popolazione della città, però, non sopportò a lungo la nuova tirannia, che venne abbattuta da una rivoluzione democratica. Corace, già uomo molto vicino a Gerone e (secondo alcuni) maestro di Tisia, cercò allora, con la sua attività politica, di influenzare in senso conservatore l’opinione dei cittadini.
Secondo un’altra tradizione, riportata da Cicerone nel Brutus, l’origine della retorica fu parzialmente diversa. I tiranni di Siracusa avevano proceduto a massicci espropri per distribuire terre coltivabili ai mercenari. Alla loro caduta i cittadini avevano intentato una serie di processi per rientrare in possesso dei loro poderi. L’intensa attività forense che ne derivò spinse molti a interrogarsi sui mezzi migliori per convincere le giurie. Corace e Tisia furono fra i primi a insegnare quest’arte. Non è chiaro, dunque, quale sia stata la natura della prima retorica: fu una retorica politica, volta a convincere i cittadini durante i pubblici dibattiti, o fu una retorica giudiziaria, nata dai processi di proprietà? Già si intravedono, però, due dei tre grandi generi in cui verrà distinto il discorso oratorio: deliberativo, giudiziario ed epidittico. In ogni caso è interessante notare come la nascita della retorica sia legata alla rinascita della vita pubblica, dopo la sconfitta della tirannide. La retorica, quindi, appare in concomitanza con il fiorire (o il rifiorire) della pubblica discussione. I suoi iniziatori, come abbiamo detto, furono Empedocle, Corace e Tisia. Non è ben chiaro quale fu il loro ruolo preciso, ma questi sono i nomi che ci sono stati tramandati dalle diverse tradizioni. Non è chiaro neanche quale sia stata la natura dei primi insegnamenti e scritti di retorica. Secondo alcune ipotesi i primi “testi” di retorica erano raccolte di discorsi che dovevano servire da modello.
Leggendo, studiando ed imitando questi discorsi, cioè, bisognava apprendere gradualmente l’arte del parlare e discutere in pubblico. Ma è probabile che sin dagli inizi circolassero, oltre a queste raccolte di modelli, anche dei veri e propri manuali, delle téchnai, in cui venivano spiegati esplicitamente i principi fondamentali dell’arte retorica. Pare che sia stato Tisia il primo a scrivere una téchne.

La retorica greca

Allievo di Empedocle, sempre secondo alcune tradizioni, fu Gorgia, il sofista, che, recatosi ad Atene nel 427 a.C. per un’ambasceria, passerà il resto della sua vi ta in Grecia. La culla della retorica si trasferisce dalla Sicilia in Grecia, dove verrà osteggiata da Platone. Platone, infatti, rifiuta la retorica “cattiva”, quella tradizionale che mira a convincere anche del falso (quella dei sofisti come Gorgia, per intenderci), e le contrappone una retorica “buona”, che è la dialettica, volta ad indagare la vera natura delle idee.
Si arriva così ad Aristotele, la cui Téchne rhetorikè e la più antica testimonianza giuntaci di un trattato di retorica. Aristotele scrisse la Retorica nel secondo periodo di soggiorno ad Atene (quello della scuola peripatetica e delle opere principali) e dopo la Poetica. Era, come tutte le opere di Aristotele che ci sono giunte, un testo esoterico (o acroamatico), perché era destinato al ristretto gruppo dei frequentatori del Liceo.
La Retorica aristotelica è divisa in tre libri. Il primo è quasi interamente dedicato alla natura delle argomentazioni che devono essere utilizzate, il secondo a come suscitare determinate reazioni ed emozioni nell’uditorio, il terzo (che molto probabilmente costituiva un’opera a parte e fu aggiunto successivamente, forse dallo stesso Aristotele) trattava essenzialmente dello stile e dell’ordine da seguire.
Secondo Aristotele dialettica e retorica sono, in qualche modo, complementari. La Retorica, infatti, inizia proprio con questo accostamento: «La retorica è analoga alla dialettica: entrambe riguardano oggetti la cui conoscenza è in un certo qual modo patrimonio comune di tutti gli uomini e che non appartengono a una scienza specifica» [Ret. 1354a]. Dopo qualche pagina Aristotele ritorna più diffusamente sull’argomento: «Che la retorica, pertanto, non tratti di un unico genere specifico di soggetti, ma sia come la dialettica, e che sia utile, è evidente» [Ret. 1355b] 1.1.3. La retorica latina e medievale Nel 146 a.C. la Macedonia diventa una provincia romana e Corinto viene distrutta. Aumenta il flusso di intellettuali che abbandonano la Grecia e si trasferiscono nella nuova capitale del Mediterraneo, Roma, che da conquistatrice diventa (culturalmente) conquistata. Nel I secolo a.C. sarà Cicerone il più importante autore di trattati retorici. Fra le sue opere si interessano direttamente di retorica il Brutus, il De inventione oratoria, il De oratore, l’Orator, i Topici e le Partitiones, mentre la Retorica a Erennio è di dubbia attribuzione. Più tardi (I secolo d.C.) lo stesso ruolo sarà ricoperto da Quintiliano, autore della Institutio oratoria, un’opera in dodici libri che voleva essere un vero e proprio manuale pedagogico per l’insegnamento della retorica dalla tenera infanzia alla maturità.
Nel Medioevo il campo del sapere subirà una profonda riorganizzazione. Lo spazio della “cultura generale” verrà occupata dalle cosiddette “arti liberali”, cioè quelle arti che (al contrario di quelle meccaniche) non servono per guadagnare denaro. Le arti liberali, attraverso diverse tassonomie e suddivisioni, verranno riconosciute in numero di sette e organizzate nel cosiddetto Settennio.
Questo verrà diviso in due gruppi: il Quadrivio, che include le arti che riguardano i segreti della natura (musica, aritmetica, geometria, astronomia) e il Trivio, costituito dalle arti che si interessano dei segreti della parola (grammatica, dialettica e retorica). Nel corso del Medioevo l’egemonia all’interno del Trivio passò da una disciplina all’altra. Si può dire che dal V al VII secolo la retorica fu l’arte più importante, dall’VII al X questo ruolo fu ricoperto dalla grammatica, mentre i secoli che vanno dall’XI al XV videro l’egemonia della logica.

La retorica latina e medievale

Nel 146 a.C. la Macedonia diventa una provincia romana e Corinto viene distrutta. Aumenta il flusso di intellettuali che abbandonano la Grecia e si trasferiscono nella nuova capitale del Mediterraneo, Roma, che da conquistatrice diventa (culturalmente) conquistata. Nel I secolo a.C. sarà Cicerone il più importante autore di trattati retorici. Fra le sue opere si interessano direttamente di retorica il Brutus, il De inventione oratoria, il De oratore, l’Orator, i Topici e le Partitiones, mentre la Retorica a Erennio è di dubbia attribuzione. Più tardi (I secolo d.C.) lo stesso ruolo sarà ricoperto da Quintiliano, autore della Institutio oratoria, un’opera in dodici libri che voleva essere un vero e proprio manuale pedagogico per l’insegnamento della retorica dalla tenera infanzia alla maturità.
Nel Medioevo il campo del sapere subirà una profonda riorganizzazione. Lo spazio della “cultura generale” verrà occupata dalle cosiddette “arti liberali”, cioè quelle arti che (al contrario di quelle meccaniche) non servono per guadagnare denaro. Le arti liberali, attraverso diverse tassonomie e suddivisioni, verranno riconosciute in numero di sette e organizzate nel cosiddetto Settennio.
Questo verrà diviso in due gruppi: il Quadrivio, che include le arti che riguardano i segreti della natura (musica, aritmetica, geometria, astronomia) e il Trivio, costituito dalle arti che si interessano dei segreti della parola (grammatica, dialettica e retorica). Nel corso del Medioevo l’egemonia all’interno del Trivio passò da una disciplina all’altra. Si può dire che dal V al VII secolo la retorica fu l’arte più importante, dall’VII al X questo ruolo fu ricoperto dalla grammatica, mentre i secoli che vanno dall’XI al XV videro l’egemonia della logica. Si trattava, comunque, di una retorica ormai ben diversa da quella artistotelica. L’importanza delle prove e dell’argomentazione, infatti, si ridusse sempre di più, a favore dell’aspetto più letterario. In un certo senso, come osserva Barthes [1972], la retorica finì di opporsi alla poetica e divenne soprattutto un’arte dedicata al “bello scrivere”.

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