venerdì 1 marzo 2013

Salò di Pasolini (1975)


Salò di Pasolini: la tortura è politica e nella sua peggiore performance si astrae fino a diventare solo dittatura del Nulla (fascismo allo stato puro)


Abbiamo rivisto, in questi giorni di decadenza morale e politica del “vecchio Continente” un film di Pier Paolo Pasolini: Salò. È certamente un film problematico e non facile da decifrare. Qualcuno ha detto controverso. Io vedo questo come un aspetto dialettico pasoliniano, lui ci mostra con questo film la faccia nera del Potere assoluto e cieco: il fascismo. Dicevo è, per alcuni, un discusso film di Pasolini “Salò” (1975), costruito sulla base degli scritti del Marchese de Sade “Le 120 giornate di Sodoma (1785)”, che pone domande significative per quanto riguarda l'intersezione tra torture sadiche e sovranità. Il film è diviso in quattro segmenti, fortemente ispirati all’Inferno di Dante.

Salò si concentra su quattro sovrani corrotti dopo la caduta d'Italia fascista di Benito Mussolini nel 1944. Quattro libertini fascisti - il Duca, il Vescovo, il magistrato, il presidente – fanno rapire le persone più belle giovani della città e li fanno portare in una villa, in uno spazio chiuso chiamato 'La Repubblica di Salò', uno stato fantoccio nazista. Da quel momento, la Repubblica di Salò diventa una enclave fascista, da cui non c'è scampo. Comincia così l’abuso estremo, la tortura, e gli omicidi di giovani uomini e donne per il bene della perversa lussuria e il  piacere estremo.

I giovani così diventano, per i quattro “spettri del potere assoluto della dittatura fascista”, creature deboli, destinati al piacere di pochi scellerati “Potenti”. I gerarchi e gli squadristi gridano ai giovani rapiti :<Non aspettatevi di trovare qui la libertà concessa nel mondo esterno. Siete alla portata di qualsiasi “Illegalità” Nessuno sa che siete qui. Per quanto riguarda il mondo, siete già morti.> (Pasolini, 1975)

È un anticipazione della tragedia dell’America latina: i desaparecidos.

I corpi delle vittime giovani diventano luoghi di dolore e di piacere sessuale repressivo, che porta i segni della vendetta sovrana. Il punto di forza del film sta nel mostrarci che l'appello del piacere è inseparabile dal fascino e del suo vero volto violento. Ricorda i rituali dei sistemi primitivi di crudeltà, Pasolini riesce quasi a fare, della parte che mostra la sadica tortura, uno spettacolo divertente. Questa festa è, però, illimitata e protetta da una legge illimitata del potere sovrano. Così, ciò che incontriamo in Salò è quello che io chiamo un illimitato 'godimento di crudeltà', che fa della tortura la vendetta di quattro despoti corrotti. Crudeltà severe. Punisce i corpi delle vittime, senza alcuna colpa, mentre il piacere sessuale diventa un'arma di dominio totale.

Considerando che la bellezza fisica diventa un sintomo di vulnerabilità, il sovrano potere politico diventa un potere distruttivo, una forma totale di fascismo.

Allora la tortura, che è considerata ampiamente nella Letteratura e nella speculazione filosofica politica, una forma di pazzia mette a nudo l’essenza del potere assoluto despotico sofista e dei suoi archetipi irrazionali negativi.

La tortura è ampiamente considerata come una forma di pazzia, come un atto 'irrazionale', come una pratica immorale che si limita ad amministrazioni corrotte o sistemi totalitari. Ma questa “Repubblica di Salò” allora è solo un girone dell’inferno? Si. È un teatrino dove si consuma l’ultimo e più scellerato atto del regime fascista.  Salò è un film che fa pensare e che mette in evidenza quanto la mancanza di democrazia e di democrazia dialettica, possibile anche, dove si isolano gli individui e si coltiva la loro egotica brama di potere, può portare a degenerazioni dittatoriali devastanti.

 

Ugo Arioti  

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