venerdì 22 marzo 2013

Retorica del pacifismo e della nonviolenza


" Il pacifismo può esser dannoso perché fa confusione tra due sentimenti di ripugnanza: la ripugnanza a uccidere e quella a morire. La prima è onorevole, ma debolissima; la seconda, quasi inconfessabile, è molto forte; la loro mescolanza crea un movente di grande energia, che non è inibito dalla vergogna, e in cui agisce soltanto la seconda ripugnanza. I pacifisti francesi degli ultimi anni provavano ripugnanza soltanto a morire, non già ad uccidere, altrimenti, nel luglio del 1940, non si sarebbero precipitati a collaborare con la Germania.
Coloro che sono deboli davanti alla paura della morte, devono esser oggetto di compassione, perché ogni essere umano, se non è vittima del fanatismo, è di tanto in tanto vittima di questa debolezza; ma se fanno della loro debolezza un'opinione da propagandare, diventano dei criminali, e allora è necessario e facile disonorarli."
Simone Weil
Troppo spesso usiamo vocaboli e parliamo, meglio sproloquiamo, di pacifismo e di nonviolenza, vocabolo di recente introduzione nella lingua italiana, per coprirci il volto e non guardare oltre l’ostacolo della costruzione sociale e dell’organizzazione militare della difesa e della guerra. Siamo tutti pacifisti e non violenti, ma lo siamo perché abbiamo ripugnanza a uccidere o perché abbiamo paura di morire? Il tema è delicato e controverso e non lo si può scindere dal costume culturale di un sistema politico sociale, che sia quello capitalistico populistico pseudo comunista come quello della Cina o quello capitalistico finanziario speculativo del “Mondo Occidentale”, ogni consorzio di Nazioni o Potenze si basa sull’applicazione della violenza per stabilire confini precisi per la sua “ PACE INTERNA”.
Ma che cosa significa pacifismo?
Il termine "pacifismo" è stato introdotto nella lingua italiana nel 1908 e significa "teoria politica che rifiuta la guerra come mezzo di risoluzione delle controversie fra gli Stati"; deriva dal francese "pacifisme". Altre definizioni di "pacifismo" sono: "Movimento, tendenza di chi mira a risolvere le vertenze fra gli Stati non con la guerra ma con trattative o arbitrati internazionali"; "Movimento internazionale che tende a mantenere la pace tra i popoli". Quindi il Pacifismo è una "Dottrina che propone l'abolizione della guerra"o un "Movimento ispirato all'idea di bandire la guerra come strumento per la soluzione delle vertenze internazionali".
E la Non violenza?
L’esempio più forte e più vicino, forse, che abbiamo è Gandhi, che sosteneva: "La mia fede nella nonviolenza è una forza estremamente attiva. Non lascia posto alla viltà e neppure alla debolezza. Vi è speranza che il violento diventi un giorno nonviolento, ma per il vile non ve n'è alcuna. Perciò ho detto più volte che se non sappiamo difendere noi stessi, le nostre donne e i nostri luoghi di culto con la forza della sofferenza, vale a dire con la nonviolenza, dobbiamo almeno, se siamo uomini, essere capaci di difendere tutto questo combattendo.""Rischierei mille volte la violenza piuttosto che la distruzione di tutto un popolo."
E qua si innesca ancora una possibilità di essere violenti per qualcosa che sia veramente importante e di vitale esigenza per un Popolo e si condanna la viltà che porta gli uomini a servire i potenti e i prepotenti piuttosto che difendere con forme di non violenza i propri confini etico-morali.
Il dubbio che innescano questi grandi pensatori è che non può esistere un Mondo in cui per ”quieto vivere” non difendiamo i valori di PACE e NON VIOLENZA, ma per far ciò dobbiamo avere un cuore veramente puro e non dobbiamo cedere al ricatto della paura di morire. I miei antenati, cavalieri crociati, quando andavano in Terra Santa a scannare i saraceni per riappropriarsi del Tempio, dicevano che andavano a portare la PACE sulle rive del fiume sacro ( il giordano). La guerra per la pace? Eticamente scorretto. Ma una cosa era importante per loro: la buona morte! Combattenti fino all’ultima goccia di sangue per i loro credo e le loro idee costruirono uno strumento di potere ancora oggi presente e, se non utilizzato per fini di casta o di setta o personali, universale antiviolento che usa ogni strumento di guerra per mantenere la pace. Una contraddizione in termini? Certo!
Il discorso sul pacifismo è vecchio come l’umanità, sta nell’equilibrio stesso tra la vita e la morte e corre dentro le nostre forze e debolezze, come un sentimento che ha una radice chiara, ma che è sempre sul filo di una spada!
Vogliamo tornare a parlare di Pacifismo e di non violenza e lo faremo, non è un discorso retorico sofista fatto di slogan, ma di marca dialettica. Crediamo in queste cose, ma al contempo, ne comprendiamo i rischi e le ambiguità. È un percorso non facile che richiede una assoluta onestà intellettuale e spirituale, ma la sua stessa forza è figlia di bisogni materiali dell’essere umano e perciò soggetta, come dice Simon Weil alla nostra paura di morire piuttosto che a quella “ ripugnanza a uccidere”.
Ugo Arioti

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